venerdì 1 luglio 2011

IL GRANDE INGANNO

Quando Corradino Mineo, direttore di Rainews24, chiedeva il parere a Don Andrea Gallo sulla TAV in Val di Susa era lunedì scorso 27 giugno, giorno dello sgombrero del presidio NO-TAV e militarizzazione del cantiere, la sua risposta è stata “è un grande inganno”.

È l’inganno che va avanti da anni sia in Val di Susa che in tutta Italia!

È l’inganno del potere politico che va sempre più a braccetto con quello “imprenditoriale” (ma dov’è il rischio di impresa?), e procede sistematicamente alla distruzione del territorio, alla costruzione di inceneritori, alla perforazione di montagne per far passare treni ad alta velocità che non servono a nessuno o per la ricerca di petrolio come sull’Appennino emiliano-romagnolo, che perfora sempre per il petrolio a fianco delle bellissime isole Tremiti, o pretende di costruire porti non necessari come quello della baia Vallugola e il TRC il tram costiero che collega Riccione e Rimini.

È un inganno quando ci dicono che la distruzione del territorio è lo sviluppo, è il progresso, altrimenti rimaniamo indietro!

È l’inganno che guarda solo al PIL! Ma il PIL, come fece notare già Robert Kennedy nel famoso discorso all’università del Kansas del 1968 (!) prima di essere ucciso(!), cresce anche se cade un ponte o con le stargi del sabato sera. Ma in tali casi siamo più ricchi o più poveri? Mai nessuno che misuri la qualità del nostro vivere!

Ci ingannano più volte, ci tolgono il paesaggio del nostro paese, ci rubano il territorio, ci inquinano l’aria e l’acqua e poi, tutte queste cose le paghiamo noi oggi per farle e pagheranno i nostri figli per sistemare i danni provocati da questo “sviluppo”.

L’Italia è pieno di questi inganni, la TAV è l’esempio più grande! Per questo domenica 3 luglio a Chiomonte in Val di Susa ci sarà la manifestazione nazionale NO-TAV contro la costruzione del tunnel della TAV.

Ma non sarà solo contro un progetto faraonico inutile, sarà un momento di grande partecipazione nazionale, ci sono pullman in partenza da tutta Italia, per dire basta a questo sistema di sfruttamento del territorio e di noi tutti!

Purtroppo se ne sa poco del movimento NO-TAV della Val di Susa, che da decenni si batte contro questo scempio, perché quasi la totalità dell’informazione è in mano allo stesso potere politico-imprenditoriale che nella distruzione del nostro paese trova sempre la sintesi.

Per saperne di più qui sotto è presente un articolo dal sito Altracittà di Luca Mercalli climatologo, presiede la Società Meteorologica Italiana e dirige la rivista Nimbus (www.nimbus.it) noto al pubblico italiano per la partecipazione al programma televisivo “Che tempo che fa” condotto da Fabio Fazio.

Flop ad Alta velocità. I numeri che nessuno vuol sentirsi dire

Le grandi opere non le vuole più nessuno, salvo chi le costruisce e la politica bipartisan che le sponsorizza con pubblico denaro. Dell’inutilità del Ponte sullo Stretto non vale più la pena di parlare, e dell’affaruccio miliardario delle centrali nucleari ci siamo forse sbarazzati con il referendum. Prendiamo invece il caso Tav Val di Susa.

Per i promotori si tratterebbe di un progetto “strategico”, del quale l’Italia non può fare a meno, sembra che senza quel supertunnel ferroviario di oltre 50 km di lunghezza sotto le Alpi, l’Italia sia destinata a un declino epocale, tagliata fuori dall’Europa. Chiacchiere senza un solo numero a supporto, è da vent’anni che le ripetono e mai abbiamo visto supermercati vuoti perché mancava quel buco. I numeri invece li hanno ben chiari i cittadini della Valsusa che costituiscono un modello di democrazia partecipata operante da decenni, decine di migliaia di persone , lavoratori, pubblici amministratori, imprenditori, docenti, studenti e pensionati, in una parola il movimento “No Tav”, spesso dipinto come minoranza facinorosa, retrograda e nemica del progresso. Numeri che l’Osservatorio tecnico sul Tav presieduto dall’architetto Mario Virano si rifiuta tenacemente di discutere. Proviamo qui a metterne in luce qualcuno.

Il primo assunto secondo il quale le merci dovrebbero spostarsi dalla gomma alla rotaia è di natura ambientale: il trasporto ferroviario, pur meno versatile di quello stradale, inquina meno. Il che è vero solo allorché si utilizza e si migliora una rete esistente. Se invece si progetta un’opera colossale, con oltre 70 chilometri di gallerie, dieci anni di cantiere, decine di migliaia di viaggi di camion, materiali di scavo da smaltire, talpe perforatrici, migliaia di tonnellate di ferro e calcestruzzo, oltre all’energia necessaria per farla poi funzionare, si scopre che il consumo di materie prime ed energia, nonché relative emissioni, è così elevato da vanificare l’ipotetico guadagno del parziale trasferimento merci da gomma a rotaia. I calcoli sono stati fatti dall’Università di Siena e dall’Università della California. In sostanza la cura è peggio del male. Veniamo ora all’essere tagliati fuori dall’Europa: detto così sembra che la Val di Susa sia un’insuperabile barriera orografica, invece è già percorsa dalla linea ferroviaria internazionale a doppio binario che utilizza il tunnel del Frejus, ancora perfettamente operativo dopo 140 anni, affiancato peraltro al tunnel autostradale. Questa ferrovia è attualmente molto sottoutilizzata rispetto alle sue capacità di trasporto merci e passeggeri, sarebbe dunque logico prima di progettare opere faraoniche, utilizzare al meglio l’infrastruttura esistente. Lyon-Turin Ferroviarie a sostegno della proposta di nuova linea ipotizza che il volume dell’interscambio di merci e persone attraverso la frontiera cresca senza limiti nei prossimi decenni. Angelo Tartaglia del Politecnico di Torino dimostra che “assunzioni e conclusioni di questo tipo sono del tutto in-fondate”. I dati degli ultimi anni lungo l’asse Francia-Italia smentiscono infatti questo scenario: il transito merci è in calo e non ha ragione di esplodere in futuro. Un rapporto della Direction des Ponts et Chaussées francese predisposto per un audit all’Assemblea Nazionale nel 2003 afferma che riguardo al trasferimento modale tra gomma e rotaia, la Lione-Torino sarà ininfluente. E ora i costi di realizzazione a carico del governo italiano: 12-13 miliardi di euro, che considerando gli interessi sul decennio di cantiere portano il costo totale prima dell’entrata in servizio dell’opera a 16-17 miliardi di euro. Ma il bello è che anche quando funzionerà, la linea non sarà assolutamente in grado di ripagarsi e diventerà fonte di continua passività, trasformandosi per i cittadini in un cappio fiscale.

Ho qui sintetizzato una minima parte dei dati che riempiono decine di studi rigorosi, incluse le recenti 140 pagine di osservazioni della Comunità Montana Valle Susa e Val Sangone, dati sui quali si rifiuta sempre il confronto, adducendo banalità da comizio tipo “i cantieri porteranno lavoro”. Ma suvvia, ci sono tanti lavori più utili da fare! Piccole opere capillari di manutenzione delle infrastrutture italiane esistenti, ferrovie, acquedotti, ospedali, protezione idrogeologica, riqualificazione energetica degli edifici, energie rinnovabili. Non abbiamo bisogno di scavare buchi nelle montagne che a loro volta ne provocheranno altri nelle casse statali, altro che opera strategica! Seguendo lo stesso criterio, anche l’Expo 2015 di Milano sarebbe semplicemente da non fare, chiuso il discorso. Sono eventi che andavano bene cent’anni fa. Se oggi in Italia tanti comitati si stanno organizzando per dire “no” alle grandi opere e per difendere i beni comuni e gli interessi del Paese, non è per sindrome Nimby (non nel mio cortile), bensì perché, come ho scritto nel mio “Prepariamoci” (Chiarelettere), per troppo tempo si sono detti dei “sì” che hanno devastato il paesaggio e minato la nostra salute fisica e mentale.

1 commento:

Anonimo ha detto...

"Non ci sono più valori no, non ci sono più, è il desiderio del denaro che ci guida come un gas, ci spinge su,..." così cantava Mia Martini...si può chiamare TAV, o ponte sullo stretto, o centrali atomiche, e perchè no, anche Compartone. Tutte opere che creano movimento di capitali e quindi guadagni, soldi freschi subito per chi ha già soldi e ne vuole ancora di più. Grandi gruppi industriali, grandi imprenditori oppure cordate di amici di politici impprenditori (o imprenditori politici?)pronte ad investire e dei cui guadagni il politico se ne fa garante.
Opere che non risolvono nessun problema anzi spesso ne creano di più grandi. Sono le politiche dal fiato corto, quelle che non riescono a guardare più avanti delle prossime elezioni, che pensano solo al guadagno immediato e scaricano senza troppi complimenti le conseguenze rovinose sulle generazioni future.
Politica e affari o forse è meglio parlare di politici per gli affari. Politici sordi alle ragioni della società civile alla quale spesso non viene riconosciuto neppure il privilegio di venire ascoltata. Pensate solo alla nostra piccola esperianza marignanese con il comitato "No al Compartone" (più di 1200 firme raccolte su una popolazione di poco meno di 9000)...quanti dubbi e quande delusioni! per esempio il sindaco che è rappresentante di tutti i cittadini, si è rifiutato di incontrare il comitato per confrontarsi con le sue ragioni. Scommetto però che i rappresentanti della Nuova San Giovanni srl li ha incontrati senza troppi problemi e anche più volte. Immagino pure che non ha avuto nessun problema a farsi carico delle loro richieste viste le varianti che ha portato in consiglio comunale.
Sono comunque convinto che come società civile posssiamo fare molto e che le nostre battaglie possono costruire un futuro migliore per quelli che erediteranno la nostra terra!