mercoledì 30 marzo 2011

VENTIQUATTRESIMO CONSIGLIO

Dopo le comunicazioni del Sindaco, al secondo punto del Consiglio di lunedì 28 marzo c’era lo scioglimento della Convenzione per il segretario comunale stipulata con i Comuni di Misano Adriatico e San Clemente dato che l’attuale segretario è andato al Comune di Riccione. È stato comunicato che nel frattempo l’attuale responsabile del Servizio Finanziario assumerà anche le funzioni di vicesegretario e che sono in corso contatti con i Comuni di Morciano di Romagna e San Clemente per verificare una nuova convenzione. Su questo punto ci siamo astenuti. Non è chiaro però per quanto si protrarrà tale situazione di assenza del segretario comunale.


Il terzo punto riguardava una modifica al regolamento ICI relativa al termine entro il quale l’Amministrazione può determinare i valori venali in comune commercio delle aree fabbricabili (dal 31 marzo verrà portato al 30 giugno). Anche su questo punto ci siamo astenuti. Avendo posto qualche domanda, abbiamo appreso che il bilancio di previsione 2011 verrà approvato a maggio (forse verso la metà). Questa notizia ci sembra fotografare bene l’attuale momento di stasi dell’Amministrazione. Approvare il bilancio a maggio significa infatti perdere un anno per quanto riguarda gli stanziamenti per le opere pubbliche ed i nuovi progetti. Nel frattempo, però, sono stati assegnati ai servizi euro 120.000,00 per organizzare dal 21 al 26 giugno 2011 la Notte delle Streghe. Per quanto riguarda invece il Compartone, area fabbricabile dalla quale il Comune ricava proventi ICI, è emerso che nulla è cambiato rispetto al 29 luglio 2010, data di approvazione del progetto, e che ancora non è stata sottoscritta alcuna Convenzione tra il Comune e il soggetto attuatore. La nostra proposta di ripensare il Compartone nel P.S.C. ci sembra rafforzata proprio dalla tempistica di attuazione di questo intervento.


Abbiamo invece votato contro la proposta di modificare il Regolamento dei Chioschi per assegnare al Chiosco di giornali e riviste davanti alla Coop a Torconca anche la possibilità di vendere piadina e prodotti enogastronomici locali. Tra l’altro la modifica comporta anche l’abrogazione del comma 3 dell’art.2 che vietava di svolgere congiuntamente nel medesimo chiosco le tipologie di attività disciplinate nel Regolamento (cioè attività di produzione e vendita di piadina romagnola, vendita di piante e fiori, vendita di giornali e riviste). Non si comprendono le ragioni di pubblica utilità alla base della proposta di modifica. La presumibile richiesta del privato non viene citata nella delibera e sembra anomalo che l’Amministrazione si preoccupi della sostenibilità economica di un’attività privata. Ogni Regolamento disciplina una situazione più ampia della singola situazione privata, tenendo presente la tutela dell’interesse pubblico. In questo caso, si va ad intervenire su di una situazione singola, creando una situazione di disparità rispetto agli altri chioschi, relativamente alle tipologie di merci che possono essere vendute. L’esercizio congiunto di piadineria ed edicola è piuttosto insolito anche dal punto di vista igienico – sanitario. Ci si chiede inoltre se l’edicola – piadineria avrà le stesse dimensioni. La questione del probabile ampliamento potrebbe riservare delle sorprese. Inoltre ai sensi dell’art.6 del regolamento, la concessione dell’occupazione del suolo pubblico deve avvenire attraverso un bando di gara ad evidenza pubblica. Se si ritiene che la zona Torcanca necessiti di un chiosco di piadineria – in aggiunta o in sostituzione dell’edicola - forse era opportuno procedere con un nuovo bando. In ogni caso, nella non troppo distante Piazza dei Navigatori è attivo proprio un negozio di piadina romagnola e pizza.


Sono stati infine presentati il Regolamento di toponomastica e della numerazione civica ed interna – in previsione del prossimo Censimento generale previsto per ottobre 2011 – e il Regolamento per il funzionamento della biblioteca comunale. Per quanto riguarda il Regolamento di Toponomastica abbiamo suggerito di semplificare le modalità di richiesta del numero civico, senza costringere il cittadino a presentare documentazione già in possesso degli Uffici comunali. Per quanto riguarda la biblioteca comunale abbiamo ricordato la necessità di adeguarne gli spazi, eventualmente pensando anche all’utilizzo di Palazzo Corbucci come spazio culturale che potrebbe accogliere anche le realtà espositive attualmente sparse per il paese. L’Assessore Montanari ha comunicato che c’è l’intenzione di dedicare alla biblioteca l’intero edificio della ex casa del fascio ma che prima - campa cavallo - dovranno essere individuati gli spazi dove collocare gli Uffici che attualmente sono in esso ospitati.

domenica 27 marzo 2011

La città ideale? Non è un’utopia

Riportiamo una intervista, tratta dalla rivista IMQnotizie del dicembre 2010, all’'avvocato Guido Alberto Inzaghi professore di diritto urbanistico e ambientale al Politecnico di Milano e all'Università di Bergamo, che in questo articolo ci parla di immobili, sostenibilità, mobilità e paesaggio.
L’intervista è piena di spunti interessanti, per costruire il futuro nostro e dei nostri figli.
Buona lettura.

Vent'anni fa gli amministratori locali hanno cominciato a capire che la qualità di un'area a verde o di un parcheggio non dipende dalla sua dimensione (grande è meglio?), ma dalla capacità di rispondere alle domande dei cittadini (meglio un piccolo parco attrezzato e manutenuto, che una vasta area verde abbandonata al degrado; meglio posti auto a pagamento e in corrispondenza delle fermate dei mezzi pubblici, che grandi piazzali incustoditi collocati a caso). I comuni più attenti alla qualità ambientale hanno poi imparato che il territorio è una risorsa esauribile, che va preservata favorendo processi di rigenerazione urbana, piuttosto che l'utilizzo a fini edificatori delle aree ancora verdi. Lentamente, ma sempre più decisamente, la cura all'impatto ambientale sta cambiando le nostre città, anche nelle piccole cose: rotonde anziché semafori per evitare la sosta dei mezzi inquinanti, illuminazione pubblica a basso consumo energetico e ad inquinamento luminoso controllato, rinnovamento del parco auto pubblico verso modelli meno inquinanti ed elettrici, estensione delle aree pedonali e rafforzamento del trasporto pubblico. Tutto ciò interessa anche il comparto immobiliare dell'economia. Se Rockfeller sosteneva che i tre plus di un investimento nel/mattone fossero: location, location, location, mentre gli investitori ante credit crunch confidavano nella triade: cash flow, cash flow, cash flow, gli attuali immobiliaristi (i sopravvissuti, potremmo dire) credono che i tre marker del real estate siano: green, green, green. Forse è una esagerazione, ma certo anche a livello statale - sulla scorta degli esempi europei - si assiste a una nuova attenzione alla sostenibilità ambientale dello sviluppo urbano.

Quali sono i requisiti per uno sviluppo sostenibile in ambito urbanistico e come sono cambiati nel tempo?
Il concetto di "sviluppo sostenibile" è profondamente cambiato al mutare delle condizioni economiche e sociali, si è passati dalla centralità delle esigenze immediate della persona, all'attenzione per l'ecosistema e, di riflesso, per le generazioni future. Si potrebbe dire che si è passati dal perseguire il particolare "quel che serve per me qui ed ora", al generale "quel che è sostenibile per tutti ora ed in futuro".

In una città come si conciliano sviluppo tecnologico, impatto ambientale e tutela del paesaggio?
Non c'è nulla da conciliare, anzi: lo sviluppo tecnologico aiuta a perseguire i minore impatto ambientale e a preservare l'ambiente. L'applicazione delle nuove conoscenze è decisiva non solo nell'edilizia (l'evoluzione dei materiali, dei procedimenti costruttivi e di generazione energetica aiuta a diminuire i fattori inquinanti), ma anche nel settore delle comunicazioni (l'alta velocità nello scambio di dati riduce lo spostamento delle persone), dell'urbanistica (il supporto informatico all'applicazione di modelli conoscitivi e statistici aiuta a pianificare in modo più efficiente lo sviluppo territoriale) e della finanza (nuovi strumenti d'investimento come i fondi immobiliari sorreggono le operazioni più complesse - si pensi al fondo nazionale per l’edilizia popolare).

Rotonde a favore della mobilità, introduzione di aree per ricarica auto/mezzi elettrici, illuminazione pubblica a led: questo solo per citare alcuni dei cambiamenti che stanno conoscendo le città in ottica di miglioramento ambientale. Che modifiche riusciranno a portare al territorio?
La mobilità è sicuramente tra le principali sfide per la vivibilità delle grandi aree urbane. La città sostenibile è densificata, servita da trasporti pubblici efficienti e a basso impatto ambientale, caratterizzata da un intreccio di iniziative pubbliche e private che assicuri la vivibilità degli spazi urbani in termini di qualità più che di quantità. Sono queste le caratteristiche che credo distingueranno il modello di città dei prossimi anni che, a mio avviso, è ben prefigurato dal nuovo Piano di Governo del Territorio del Comune di Milano. Il PGT intende promuovere la densificazione delle aree meglio servite dal trasporto pubblico, conservando le aree a verde da cedere gratuitamente al Comune a fronte del riconoscimento di diritti volumetrici da concentrare sui lotti già costruiti. È questo il meccanismo della perequazione urbanistica, che secondo il nuovo strumento milanese funzionerà attraverso una vera e propria borsa dei diritti volumetrici.

Il "riciclaggio" degli edifici, ovvero l'apertura di costruzioni come ad esempio gli stadi anche ad altre attività oltre a quelle sportive, come può influire sul miglioramento della mobilità o della qualità della vita?
La capacità di ampliare l'utilizzo e rigenerare il patrimonio edilizio esistente è una delle chiavi per conseguire la qualità urbana. Quello degli stadi è sicuramente un buon esempio: strutture il più delle volte ingombranti e sottoutilizzate (una volta a settimana per 8 mesi all'anno), collocate al centro delle città o in aree di pregio devono essere ripensate profondamente. Da troppo tempo giace in commissione una proposta di legge importante - originata dall'esperienza anglosassone - che sarebbe di grande aiuto per migliorare la fruibilità delle città, stimolare l'economia e sostenere l'attività sportiva. In sintesi, il disegno di legge favorisce la cessione della proprietà degli stadi alle società sportive che presentino un progetto di ammodernamento dell'impianto per la realizzazione di una struttura polifunzionale, produttiva di servizi e di reddito. Le nuove destinazioni da affiancare a quella sportiva sono le più diverse, dal commercio al ricettivo, dal terziario alla residenza e ai servizi privati, ed il loro insediamento potrà giovarsi di speciali finanziamenti concessi dal Credito Sportivo e da procedure semplificate di variante urbanistica.

La città ideale: comoda, artisticamente di valore, salubre, efficiente. Un'utopia?
Anzitutto è un obiettivo, a mio avviso possibile. I valori immobiliari delle grandi aree urbane consentono operazioni di partenariato pubblico privato che, se ben governate, possono conseguire lo sviluppo sostenibile e di qualità anche culturale e sociale.

Esempi di sostenibilità ambientale che dovremmo copiare dall'estero in campo di mobilità e urbanistica.
Pochi anni addietro, il comune di Londra consentì la realizzazione di un grande centro commerciale a condizione che non fosse dotato di parcheggi: i consumatori sono così invitati ad usare i mezzi pubblici, o servizi pubblici integrativi organizzati dallo stesso centro commerciale.

Cosa s'intende per sviluppo urbanistico equilibrato?
La pianificazione territoriale può dirsi equilibrata quando risponde ai bisogni della collettività, assicurando opportunità di lavoro, residenza anche sociale e servizi, senza compromettere l'ecosistema e, anzi, concorrendo a recuperare le situazioni già compromesse.

lunedì 21 marzo 2011

VENTIREESIMO CONSIGLIO

In apertura del Consiglio Comunale di lunedì 14 marzo è stato comunicato che l’attuale segretario comunale lascerà presto il nostro Comune per assumere l’incarico presso i Comuni di Misano e Riccione. Non si sa ancora quale segretario arriverà in sostituzione. È stato poi comunicato che tra le iniziative per i festeggiamenti del 150° anniversario dell’Unità d’Italia verrà realizzato il Concorso “Tu come vedi il Tricolore”. Infine è stato annunciato che giovedì 31 marzo, alle 17, presso la mensa della zona artigianale verranno presentati i risultati di un’indagine sulla mobilità.

In seguito, il presidente della Pro Loco ha motivato la richiesta di cittadinanza onoraria per la fotografa Rosita Nicoletti, scomparsa nel 2009. Si è proposto di valutare altre forme per onorare la memoria dell’artista come l’intitolazione di una sala di un edificio pubblico (se per le pubbliche vie occorre che siano trascorsi un certo numero di anni).

Abbiamo votato contro la trasformazione di Geat S.p.A. da società per la gestione di servizi pubblici locali in società strumentale in quanto riteniamo che la partecipazione finanziaria di euro 20.000,00 sia inutile dato che il Comune di San Giovanni non ha mai affidato servizi a questa società.

Abbiamo votato a favore dell’ordine del giorno per chiedere alla Regione e a Trenitalia di potenziare le fermate degli Intercity e degli Eurostar presso la stazione di Cattolica – San Giovanni – Gabicce nonché – in base ad un nostro emendamento – per migliorare la manutenzione e potenziare il servizio dei treni regionali veloci e locali, i treni che ogni giorno centinaia di pendolari prendono per motivi di studio e lavoro.

Ci siamo astenuti rispetto al Bando per l’assegnazione di 10 appartamenti (da 74 a 77 mq.), ubicati in via Montalbano presso l’edificio vicino alla Casa protetta, a canone agevolato (da euro 379,00 ad euro 433,00 al mese). Abbiamo chiesto perché non si siano inseriti questi appartamenti in un discorso di Edilizia residenziale pubblica, considerato che nell’ultima graduatoria ERP ci sono oltre 50 persone in attesa, e perché non sono state applicate le detrazioni per redditi da lavoro dipendente e per figli a carico previsti nel Bando regionale del 2003. Si è detto che si è preferito tenere questi appartamenti – di cui uno è destinato ad anziani e uno a persona diversamente abile – a canone agevolato per fornire una risposta modulare ai bisogni della casa. È certo però che non si tratta di canoni bassi come quelli degli alloggi ERP. Ed è anche evidente che il Comune – sia pure tramite ACER – non può seguire le logiche di mercato di un’agenzia immobiliare. La priorità sembra essere l’ingresso di persone in grado di pagare il canone mensile. Da qui il non inserimento delle detrazioni e l’inserimento di un livello minimo di euro 12.000,00 di reddito per accedere al Bando (il reddito massimo è di euro 35.000,00). I requisiti soggettivi sono la residenza anagrafica o l’attività lavorativa da almeno tre anni alla scadenza del bando nel Comune di San Giovanni. In sede di assegnazione si verificherà inoltre che l’incidenza del canone di locazione non sia superiore al 30% del reddito familiare.

Come spesso accade, in conclusione di Consiglio, si sono discusse delle varianti al vigente Piano Regolatore Generale. Abbiamo osservato che non è opportuno continuare con le varianti, a volte anche piuttosto discutibili, quando si deve adottare il nuovo Piano Strutturale Comunale e ripensare complessivamente la pianificazione urbanistica del paese. Già nel 2010 sono state portate in Consiglio almeno altre cinque varianti al P.R.G., compresa la madre di tutte le varianti, il Compartone. Nel 2011 sono in programma altre due varianti: una per il Riviera Golf Resort e una per la casa colonica in fondo a via Gramsci. Per l’Assessore Morelli, se la gente lo chiede e la legge lo consente, si continueranno a fare varianti. Però oltre agli interessi privati ci dovrebbero essere anche gli interessi collettivi che solo una pianificazione urbanistica ampia potrebbe prendere in carico.

Per quanto riguarda le varianti in discussione, ci siamo astenuti sulla variante ad un piano particolareggiato di iniziativa privata Comparto C2-3 capoluogo, in via Don Minzoni, che prevede l’accorpamento di due lotti di un unico proprietario per fare un unico edificio con un massimo di 2 unità immobiliari, senza modifica degli indici di edificabilità. Abbiamo fatto notare che in questo caso, non particolarmente rilevante, si sia chiesta la valutazione per la verifica di assoggettabilità a Valutazione Ambientale Strategica, che invece per un intervento come il Compartone non si era ritenuta necessaria. Naturalmente, in questo caso, la risposta dell’Ufficio provinciale V.A.S. è stata negativa, senza alcuna prescrizione. Quale risposta ci sarebbe stata nel caso del Compartone non lo possiamo sapere.

Abbiamo invece votato contro la variante del Comparto C2-12 situato a Montalbano a ridosso della Statale, lato monte. Si tratta di un azzonamento, di una ridefinizione del perimetro del comparto, che pur andando a ridurre la superficie territoriale e quella complessiva consentirà comunque l’edificazione di almeno 10/15 appartamenti in un’area già intensamente urbanizzata. Tra l’altro, dato che nel comparto, in seguito al fatto che non tutti i proprietari dei terreni si sono messi d’accordo, non vi sono più gli standard previsti, si consente ai soggetti interessati di realizzare delle aree verdi in altro sito del territorio comunale (procedimento mai adottato prima). Non è allora convincente dire che l’interesse pubblico consiste nella realizzazione di una strada. Bisognerebbe cominciare a chiedersi se davvero ha senso continuare a consentire sempre e comunque il consumo di suolo e la costruzione di nuovi comparti senza valutare la necessità reale dell’intervento e le possibili alternative.

In conclusione, ci siamo astenuti sull’adozione di alcune modifiche al Regolamento della Notte delle Streghe. Le coperture dei banchi di vendita dovranno essere di colore bianco, gli stand gastronomici delle associazioni non potranno essere superiori a mq 350 (anche se potranno essere autorizzate eventuali eccedenze), gli operatori economici in sede fissa dovranno comunicare all’Amministrazione almeno 30 giorni prima della festa eventuali allestimenti esterni su spazi pubblici. Sembra che la festa anche quest’anno durerà 5 giorni … Ci si chiede che fine abbiano fatto i propositi di risparmio che erano stati annunciati. Non sarebbe opportuna un po’ di sobrietà? Siamo pur sempre il sesto Comune in provincia per indebitamento globale ed il quarto per indebitamento pro capite.

giovedì 17 marzo 2011

5 domande sul nucleare




Dal sito di Marco Boschini, coordinatore dell'Associazione dei Comuni Virtuosi

http://www.marcoboschini.it/2011/5-domande-sul-nucleare/

Alcune semplici domande bastano a smontare la follia nucleare oggi più che mai sotto i riflettori a causa del disastro sismico avvenuto in Giappone.

Come prevediamo e affrontiamo eventuali terremoti, tzunami, cataclismi climatici? Ovvero, come risolviamo la questione SICUREZZA (attacchi terroristici inclusi) rispetto a centrali di questo tipo?

Dove mettiamo le SCORIE nucleari, posto che ad oggi non esiste al Mondo alcun sito sicuro e definitivo?

Come risolviamo la scarsità di URANIO disponibile, che le previsioni più ottimistiche proiettano a 40, massimo 50 anni la disponibilità utilizzabile prima del suo esaurimento?

Come superiamo la cosidetta emergenza energetica se, come sembra, per realizzare una centrale nucleare servono almeno 15-20 anni?

Dove troviamo le RISORSE economiche per realizzare gli impianti? Chi pagherà realmente per questo, le imprese che in questi anni hanno investito e creato occupazione nel settore delle rinnovabili…?

Vorrei che a rispondere a queste domande, anche per iscritto, fossero il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, il suo Ministro Romani, ma anche l’oncologo Umberto Veronesi e l’ex ambientalista Chicco Testa.

Mi piacerebbe ricevere le risposte, poterle postare sul blog e aprire un confronto con l’opinione pubblica, in vista del referendum al quale, penso, saremo tutti chiamati a partecipare. In massa.

Perché in questo Paese, e questa è la mia modestissima opinione, non abbiamo più bisogno di grandi impianti e grandi centrali.

In Italia abbiamo bisogno di una colossale operazione di manutenzione energetica del patrimonio edilizio esistente, finalizzata al taglio degli sprechi, delle inefficienze e dei consumi. Quanti posti di lavoro (veri) in più ci sarebbero se davvero qualcuno ascoltasse questi suggerimenti? E quanta Co2 in meno eviteremmo di immettere in atmosfera?

Parallelamente, comune per comune, servono interventi concreti per consentirel’autoproduzione di energia per l’autoconsumo casa per casa: diffusa, capillare, controllata dai cittadini, pulita.

Molti comuni si sono organizzati mettendo in piedi, con la decisiva complicità delle comunità, gruppi di acquisto e allegati energetici ai regolamenti urbanistici edilizi che vanno proprio in questa direzione. L’unica effettivamente sostenibile, da percorrere.

Rispondano, lorsignori, mettano in luce senza giri di parole, demagogia e arroganze rituali, la loro lungimirante strategia dell’atomo di ultima generazione. Abbiano il coraggio di mostrare al Paese intero la loro rassicurante e sostenibile visione del futuro…

In Italia, uno dei Paesi a maggiore rischio sismico del Mediterraneo. In 2500 anni, siamo stati “attraversati” da 30.000 terremoti di media e forte intensità superiore al IV-V grado della scala Mercalli… Buona fortuna!

sabato 12 marzo 2011

Italia, un paese a rischio ambientale

L'Italia è un paese fragile. Anche le ultime piogge hanno distrutto territori, causato gravi danni alle cose e purtroppo ancora morti.
Ciò è causato da una maggiore potenza delle precipitazioni, dovuta al cambiamento del clima, ma anche da una maggiore incuria e una cattiva gestione delle cose pubbliche e da piani regolatori redatti senza più tenere nel debito conto la geologia e la morfologia dei terreni.
Fortunatamente la sensibilità degli italiani sta cambiando ed è più attenta a queste tematiche, come mostra l'articolo che segue, tratto dal sito:
http://www.ambiente.it/informazione/notizie/italia-un-paese-a-rischio-ambientale/
Buona lettura.

Italia, un paese a rischio ambientale
L'Italia e' sempre piu'un paese a rischio dal punto di vista della sicurezza ambientale e i cittadini ne hanno preso coscienza, questo secondo un'indagine Swg, condotta per conto della Associazione Nazionale Bonifiche Irrigazioni (Anbi) e presentata a Roma. Secondo la situazione del territorio nazionale fotografata dal sondaggio vi e' un crescente pericolo: 3 italiani su 4 sostengono che il Paese si trova a dover fronteggiare una crescente emergenza ambientale. ''Disboscamento, abusivismo edilizio, cementificazione dei letti dei fiumi e costruzione incontrollata di infrastrutture, sono - secondo il campione intervistato - alcune delle cause alla base dei problemi idrogeologici, ovvero frane, smottamenti, inondazioni''.

Sempre secondo il sondaggio circa 6 italiani su 10 si sono trovati ''almeno una volta'' a dover affrontare qualche ''disastro legato a fenomeni naturali''. Il 43% della popolazione, scrive l'Anbi, ha dovuto affrontare alluvioni, esondazioni o frane o, ancora, smottamenti, i cui danni, se non evitati completamente, potevano essere senz'altro limitati con un'opportuna opera di prevenzione e manutenzione.

Il rischio di disastri idrogeologici, rispetto alla zona di residenza, preoccupa quasi la meta' della popolazione italiana che ''richiede a gran voce'' un attento e costante monitoraggio territoriale e un'attivita' di prevenzione. Secondo uno studio del ministero dell'Ambiente citato oggi, il 9,8% del territorio nazionale e' interessato da aree ''ad alta criticita' idrogeologica'' che riguardano circa 3 milioni di ettari. Secondo un rapporto della Protezione Civile, realizzato unitamente a Legambiente, oltre 3,5 milioni di cittadini, il 6% della popolazione, sono in Italia esposti al pericolo di frane o alluvioni: ''Si tratta di abitazioni, industrie, infrastruttuture, perfino scuole ed ospedali costruiti in aree a rischio.
links
Fonte: Ansa

lunedì 7 marzo 2011

AUMENTO TARIFFE SERVIZI SCOLASTICI

Altri aumenti in vista nel bilancio di previsione 2011.

Oltre alla previsione di aumento della TARSU, con la deliberazione di Giunta n.32 del 21/02/2011, scaricabile dall’Albo pretorio online, è stato infatti deciso anche l’aumento delle tariffe dei servizi scolastici.

Gli aumenti rilevanti della retta di frequenza variano rispetto al 2010 dal 41,18% della Scuola d’infanzia (a seconda delle fasce, da euro 12,75 ad euro 18,00 al mese o da euro 25,50 ad euro 36,00 al mese) al 33,11% della Scuola d’infanzia estiva (a seconda delle fasce, da euro 120,00 ad euro 160,00 bimestrale o da euro 240,40 ad euro 360,00 bimestrale). Gli aumenti della retta di frequenza del Nido d’infanzia sono più contenuti rispetto agli altri anche perché la retta mensile di questo servizio è già piuttosto elevata. In questo caso, gli aumenti variano rispetto al 2010 da un minimo del 1,55% ad un massimo del 2,02% (a seconda della fascia, la retta più bassa ammonta ad euro 197,00 al mese, quella più alta ad euro 475,00 al mese. Anche le rette intermedie sono comunque elevate: si va da euro 353,00 ad euro 414,00 al mese).

Per quanto riguarda il servizio mensa il costo a pasto è aumentato invece del 6,82% (a seconda delle fasce, da euro 2,20 ad euro 2,35 o da euro 4,40 ad euro 4,70).

Per quanto riguarda il servizio di trasporto l’aumento rispetto al 2010 è del 3,66% (a seconda delle fasce, da euro 82,00 ad euro 85,00 all’anno o da euro 164,00 ad euro 170,00 all’anno).

Gli aumenti saranno applicati per la Scuola d’infanzia estiva dal 1° luglio 2011 e per gli altri servizi scolastici dal 1° settembre 2011.

Crediamo che questi aumenti vadano assolutamente evitati e/o contenuti. La crisi non può essere scaricata sui cittadini. Prima di aumentare tasse e tariffe, per esempio, si potrebbe cominciare a ridurre i costi della politica per i quali nel 2011 si prevede di spendere euro 94.500,00 (euro 84.000,00 per le indennità degli amministratori – con un aumento di euro 5.000,00 rispetto al 2010 - ed euro 10.500,00 per i gettoni dei consiglieri).

venerdì 4 marzo 2011

COMUNICATO CONSUMO DI SUOLO

Coordinamento Marecchia-Uso (MARUS) e Forum Ambiente della Provincia di Rimini

Comunicato sul tema Consumo di Suolo, 28 Febbraio 2011

Come approfondimento del convegno in materia di Consumo di Suolo tenuto a Rimini il 12 Novembre 2010 l’Associazionismo riminese ha organizzato un’assemblea sullo stesso tema sabato 26 febbraio 2011 a Santarcangelo di Romagna presso la sala Superecinema.
L’assemblea, partecipata da pubblici Amministratori, rappresentanti di Associazioni economiche, ambientaliste e culturali, Professionisti e Tecnici, è stata organizzata per mettere in relazione le realtà presenti sul territorio al fine di definire le future iniziative. E’ stata anche pianificata l’uscita di un Dossier sul Consumo di Suolo nel riminese sotto forma di Pubblicazione Elettronica da mettere in rete entro un paio di mesi.

Durante i lavori hanno preso la parola: Lidano Arcangeli, Lorenzo Bruschi, Giuseppe Colicchio, Pierangelo Della Pasqua, Alfio Fiori, Loris Galeffi, Daniela Montanari, Nedo Pivi, Domenico Pazzini, Riccardo Santolini, Renzo Valloni, Luca Vannoni, Onide Venturelli, Mara Zanni. Sui temi di fondo del fenomeno del Consumo di Suolo nella realtà riminese l’assemblea ha registrato ampie convergenze riassumibili come segue.

L’onda apparentemente inarrestabile della nuova urbanizzazione che, saturata la costa, si sta espandendo nell’entroterra costituisce una grave minaccia per i valori del territorio e la qualità della vita dei Residenti. In prospettiva ciò rappresenta un danno per la nostra società criticabile da tre punti di vista:
1. Etico, perché nell’interesse di pochi si sta oggi consumando un bene naturale di cui non potranno fruire le generazioni future;
2. Amministrativo, perché la sottrazione di suolo è in palese contrasto il vigente Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) che sancisce lo stop alla nuova urbanizzazione;
3. Economico, perché lo scenario italiano e internazionale ha già sancito il superamento dell’attuale modello di sviluppo e ci impone di puntare alla valorizzazione dei nostri beni ambientali e culturali, i.e., del nostro paesaggio.
Conseguentemente, la società civile e le sue forme organizzate devono creare sinergie e forme di pressione sulle Amministrazioni per affermare nuove regole sociali e per effettivamente applicare la buona normativa esistente (es. LR 20/2000). Occorre ottenere che nei Piani territoriali i due principi: della cessazione del consumo di suolo e della rigorosa applicazione dell’interesse comune, diventino punti fermi non negoziabili.

Per questo è stato valutato in modo altamente positivo il percorso del Piano Strategico comunale di Rimini che, con l’approvazione del Consiglio comunale e provinciale, ha concluso la sua prima fase. Il reale coinvolgimento della cittadinanza ha portato a soluzioni straordinarie anche in termini di vision basata sull’innovazione e sul rispetto delle autenticità (leggi vocazioni, paesaggio, ecc) del nostro territorio. Va detto tuttavia che il Piano si potrà denominare “strategico” solo quando la sua portata e i suoi effetti comprenderanno l’entroterra. E’ così urgente che le Comunità della Valmarecchia si uniscano in un Forum per discutere dei loro futuri anche perché nell’attuale organizzazione amministrativa risalta l’inadeguatezza delle scelte fatte dai singoli Comuni che continuano a “pianificare” separatamente nel proprio orticello con Unione dei Comuni e Comunità Montana prive di deleghe adeguate a progettare unitariamente un futuro di crescita per i loro Residenti.

Oggi tutti sappiamo che i Comuni continuano a svendere il territorio per sostenere i loro se pur ridotti bilanci e per garantire gli attuali livelli dei servizi sociali. Si continua così a costruire nonostante vi siano migliaia di edifici residenziali e produttivi inutilizzati. E’ del tutto evidente che questa strada è senza uscita e che noi stiamo consegnando alle generazioni future un territorio in cui la qualità della vita continuerà a diminuire mentre continuerà a crescere la distanza fra pubblico e privato in termini di risorse e servizi collettivi.

Occorrerà che Cittadini ed Amministratori stipulino un patto per una nuova gestione del territorio che, sull’esempio di ciò che da tempo avviene nei paesi del nord Europa, dia un valore all’urbanizzato, compreso quello in disuso, e che riconverta il mercato delle nuove costruzioni puntando al recupero dell’esistente. Va sottolineato che nessuno dei partecipanti all’assemblea di Santarcangelo ha criticato la filiera delle costruzioni in se; è stato invece affermato il principio dell’interesse generale che rende oggi necessaria la sua riconversione. Un settore delle costruzioni non più basato sulla nuova urbanizzazione ma indirizzato al recupero ed al riuso dell’edificato esistente continuerebbe a produrre realizzi economici ed occupazione privilegiando la qualità degli interventi.

martedì 1 marzo 2011

Anche Firenze a crescita zero

Molti ancora non hanno capito che "crescita zero", non significa "non crescere" ma significa "non crescere in zone di terreno non ancora edificate", ma crescere in termini di qualità dell'ambiente e quindi della nostra vita. Non siamo più negli anni settanta, oggi l'imperativo è rigenerare le zone degradate e riqualificare l'esistente.
Anche Firenze ha scelto questa strada e ha fatto anche qualcosa in più: ha azzerato le previsioni edificatorie del precedente piano.

Qui di seguito riportiamo una intervista al sindaco di Firenze Matteo Renzi tratto dal sito:

http://www.ilgiornaledellarchitettura.com/articoli/2011/2/106793.html

Firenze, si cambia!
Ma il sindaco mette a dieta la città, non si deve ingrassare, i volumi edilizi non possono crescere
Firenze. Forse la vera notizia è che in città si fa ordinaria amministrazione. Un anno e mezzo dopo la sua vittoria all’elezione a sindaco nel giugno 2009, Matteo Renzi (36 anni) ha portato alla prima fase di approvazione da parte del Consiglio il Piano strutturale comunale (Psc), riprendendo il filo di un lavoro che la precedente giunta aveva intrapreso senza condurlo a termine e cercando, soprattutto, di concluderlo in tempi brevi. Dopo gli scandali urbanistici e le vicende giudiziarie che avevano travolto diversi esponenti dell’amministrazione Domenici, anche questo è un modo per riportare l’urbanistica a una dimensione normale, di gestione quotidiana.
Oppure si può pensare, non necessariamente contraddicendosi, che la notizia sia che il nuovo Psc di Firenze si propone come un piano di svolta. A partire da quello slogan, «volumi zero», che indica con decisione la direzione del «rifare» (e non più del «fare») città, azzerando tra l’altro le previsioni edificatorie non attuate del precedente piano; oppure a partire da gesti dimostrativi come la discussa pedonalizzazione di piazza del Duomo.
È soprattutto nel campo delle infrastrutture e dei trasporti che la giunta sembra cercare un nuovo protagonismo fiorentino, non esitando a entrare in polemica con i grandi interlocutori nazionali (in primo luogo le Ferrovie) e a proporre di rivedere progetti già avviati, secondo schemi ambiziosi che proprio nel documento di piano sembrano trovare un primo punto di sintesi. Tutto questo sarebbe probabilmente meno interessante se a guidare il Comune non ci fosse questo trentaseienne Pd cresciuto nel partito popolare, che cita spesso Giorgio La Pira (il sindaco democristiano degli anni cinquanta-sessanta) e non manca di suscitare simpatie anche a destra. Il suo stile decisionista ha già prodotto molti piccoli strappi in quel compassato mondo di plantigradi che è oggi il centrosinistra italiano, ma misurarsi con la tradizione di esperienze amministrative e di rapporto tra saperi accademici e politici che l’urbanistica italiana ha accumulato negli ultimi decenni non è necessariamente facile, neppure per un «rottamatore». Abbiamo incontrato Renzi nel suo ufficio di Palazzo Vecchio.

Il nuovo Psc è stato redatto da un gruppo di lavoro interno agli uffici comunali, senza consulenti esterni. Quali sono le ragioni di questa scelta?
Firenze ha vissuto una fase tormentata, con indagini che hanno riguardato alcune vicende urbanistiche ed edilizie e che in alcuni casi si sono rivolte direttamente contro dipendenti del Comune. L’ufficio urbanistico era l’ufficio più in difficoltà della macchina amministrativa. In un periodo in cui tra l’altro le polemiche contro i cosiddetti «fannulloni» della pubblica amministrazione erano all’ordine del giorno, abbiamo scommesso sui nostri funzionari per dare un segnale forte. È la stessa ragione per cui ho deciso di assumere personalmente l’assessorato all’Urbanistica. Certo abbiamo cambiato alcuni dirigenti e riorganizzato il lavoro, ma abbiamo anche voluto far capire che il Psc non doveva essere uno strumento di cui avere paura o su cui cercare di salire, ma la grande occasione per riflettere sul futuro della città.

Che rapporto c’è tra il nuovo piano e le ipotesi che erano state elaborate dal precedente consiglio comunale?
I due piani strutturali che erano stati già adottati ma non approvati avevano lasciato un patrimonio di elaborazioni avanzato e un quadro conoscitivo approfondito. Noi siamo partiti da questo lavoro e vi abbiamo inserito alcune idee di fondo. La prima è quella di una Firenze che dice basta al consumo di suolo e fa dell’innovazione ambientale non un feticcio ideologico ma una scelta strutturale, in linea con le principali città del mondo. La seconda è quella di una Firenze città della modernità, capitale dell’innovazione e della qualità della vita, una città che non è solo un museo a cielo aperto e non sta solo lì a contare i turisti. Più Berlino che Venezia. Un’altra riguarda il linguaggio del piano, il fatto che il piano esce dal burocratese per esprimere obiettivi che tutti possono capire. Per esempio abbiamo ripreso da New York il principio secondo cui ogni fiorentino dovrebbe avere un parco, o un giardino, o una piazza a dieci minuti a piedi da casa propria.

Una delle sue prime scelte da sindaco è stata pedonalizzare piazza del Duomo...
Qualcuno forse pensa che sia stato solo un gesto mediatico, in realtà si è trattato della più grande operazione culturale che faremo a Firenze in questo decennio. Non c’è operazione più grande del restituire a piazza del Duomo la sua funzione di piazza e non di «elegante spartitraffico», come diceva Alberto Arbasino. Piazza del Duomo è uno di quei luoghi in cui un’amministrazione ha la possibilità di far percepire subito ai cittadini uno scarto rispetto al passato. Io rivendico anche il valore di alcune demolizioni, come quella della pensilina di Cristiano Toraldo di Francia, accanto alla stazione di Santa Maria Novella, e non perché io ami le demolizioni ma perché è importante non considerare tutto quello che viene fatto a Firenze come qualcosa che vale per sempre; staccarsi dall’idea, tipica delle Soprintendenze, che Firenze sia immutabile. Ci stiamo avviando a demolire anche alcuni quartieri di edilizia popolare (in via torre degli Agli a Novoli, in via Rocca Tedalda) che nei prossimi cinque anni ricostruiremo in tempi certi, secondo i criteri della sostenibilità ambientale, restituendo agli abitanti case più belle in luoghi che erano diventati dei simboli di degrado.

Il Psc indica la strada dell’intervenire su aree già urbanizzate ma non tenta di fissare un disegno generale dei luoghi di trasformazione.
La principale area di trasformazione di Firenze non si trova in un luogo specifico ma è rappresentata dall’immenso volume di contenitori dismessi, situati su tutto il territorio comunale. Questa è una partita fondamentale, soprattutto nell’anno del federalismo demaniale: occorre capire cosa verrà ceduto al Comune, cosa il Comune potrà gestire, anche attraverso accordi con le amministrazioni centrali, e poi si potrà avere un’idea più chiara delle funzioni da ricollocare e delle prospettive che si aprono. La grande sfida di Firenze non si gioca sui terreni della periferia ma sulla capacità di ricondurre a una soluzione unitaria tutti questi interventi.
Per quanto riguarda la periferia, la priorità del Piano è bloccare la corsa all’oro sulle aree ancora libere, che sono del resto quasi esaurite. Finora sembrava quasi che ci fosse un diritto morale a costruire da parte di chi possedeva terreni. È con questo tipo di logica che bisogna chiudere. Solo dopo aver fatto questo sarà possibile aprire un ragionamento su alcuni spazi potenzialmente interessanti, inserendoli però dentro un modello che considera prioritaria la definizione del sistema della mobilità pubblica.

Dove trova le risorse per le grandi opere infrastrutturali che il Psc propone?
Alcune opere, come la tangenziale sotterranea, si possono fare in project financing anche subito. Quando una città è vitale come lo è Firenze, che «Tripadvisor» giudica tra la migliori città d’Europa, le risorse si trovano, anche attraverso forme innovative. Abbiamo enormi vantaggi competitivi che solo noi possiamo perdere. Più serio è il problema dei tempi, ma d’altra parte questo è un Piano che non può non ragionare in una prospettiva almeno ventennale.

Pensa che sia opportuno affiancare al Psc altri tipi di pianificazione, per esempio strategica?
A Firenze si è discusso di piano strategico per dieci anni, a partire dal 2000, dando vita a riflessioni anche interessanti. Ma il piano nel suo complesso è stato una sconfitta, perché ha dato più importanza al coinvolgimento dei soggetti sociali rappresentativi rispetto alla concretezza del progetto. La responsabilità del fallimento è soprattutto di quelle associazioni di categoria che sono entrate nel processo come portatrici di singoli interessi e non di una visione d’insieme e hanno portato il piano verso una concertazione snervante e autoreferenziale. Abbiamo bisogno di altre forme di pianificazione e di condivisione delle scelte. Noi abbiamo sperimentato strumenti partecipativi per la consultazione dei cittadini sul Psc e abbiamo lanciato l’iniziativa degli incontri denominata «100 luoghi», che continueremo per tutto il 2011.

Il governo dell’area metropolitana è da sempre un problema centrale per Firenze. Qual è il margine per una condivisione delle scelte con i comuni contermini?
Noi abbiamo un ottimo rapporto con i comuni della Piana per quanto riguarda il 90% delle scelte concrete. Alcuni punti forti di contrasto ci sono e sono quelli più visibili. Uno riguarda lo sviluppo del polo aeroportuale, per cui la Regione sta cercando in questo momento di definire una soluzione. Un altro riguarda il fatto che i comuni intorno a Firenze hanno piani strutturali che non condividono l’opzione dei volumi zero, il che ha un impatto sul funzionamento dell’area metropolitana. Infine vi è un forte contrasto di tipo politico perché, in una situazione in cui tutti i comuni sono governati dal Pd, io sono portatore di un’idea di partito molto diversa da quella di quasi tutti i sindaci della Piana.
La questione comunque è nazionale, non locale: in Italia bisognerebbe fare le città metropolitane, senza se e senza ma. Personalmente sono particolarmente interessato alle proposte dell’Anci, ma soprattutto credo a una prospettiva immediata di riorganizzazione delle aziende pubbliche locali che forse può sembrare banale ma oggi rappresenta, insieme ai trasporti, l’aspetto più concreto intorno a cui costruire, nei fatti, una dimensione metropolitana.

Che cosa si potrà fare per garantire una qualità architettonica nelle trasformazioni che il Psc renderà possibili?
Bisogna prendere atto del fatto che un sindaco, oggi, non ha strumenti per governare e gestire la qualità architettonica. Io non ho lo spazio per dire «quello sì, quello no». Ho i miei giudizi su alcuni edifici di Firenze, ma finché faccio il sindaco li tengo per me. Questo è triste ma forse è anche un bene. E non credo che la soluzione stia nel fare come quei politici che puntano sulla caccia al nome, con risultati spesso discutibili.
Prenda il quadrante di Novoli: è un esempio di luogo in cui le precedenti amministrazioni hanno scelto di coinvolgere nomi grandi, o comunque riconosciuti, e li hanno messi insieme in una sorta di festival dell’architetto di grido. Il mio obiettivo oggi non è tanto valutare la qualità del risultato, anche se so che questo dibattito appassiona i fiorentini, ma fare aprire questi edifici, restituire il quartiere a un contesto di normalità. È solo questa qualità urbanistica che può costituire lo sfondo per la qualità dell’architettura. E d’altra parte proprio Novoli mostra anche che ogni tentativo di garantire qualità non può non confrontarsi con il problema del rispetto dei tempi amministrativi, cioè con il grande problema dell’efficienza del sistema paese. Quando il Palazzo di giustizia di Leonardo Ricci è stato pensato, trent’anni fa, era un palazzo di giustizia contemporaneo: ma oggi?

di Filippo De Pieri, da Il Giornale dell'Architettura numero 92, marzo 2011