venerdì 28 gennaio 2011

BREVE REPLICA (ANCORA) A PALMETTI

Il neosegretario del PD marignanese Corrado Palmetti ha infine ammesso di essere socio della società proprietaria dei terreni del compartone (“Corriere di Rimini”, 25 gennaio 2011, pag.13), minimizzando però questa sua situazione di potenziale conflitto di interessi in quanto afferma di essere “stato eletto solo dopo l’approvazione” del compartone.

Ci permettiamo di osservare che questa valutazione pecca per lo meno di superficialità.

La delibera C.C. n.72 del 29 luglio 2010 ha approvato solo il Piano Urbano di Coordinamento (PUC) del compartone: il procedimento di attuazione del compartone, però, è ancora tutto da scrivere.

Il PUC del compartone, infatti, stabilisce che il compartone dovrà essere realizzato attraverso strumenti urbanistici preventivi di iniziativa privata, in almeno 3 stralci, di cinque anni ciascuno.

Per questo, non è sostenibile affermare che essere stato eletto segretario del PD marignanese dopo l’approvazione del compartone a luglio 2010 “non vuol dire nulla” e non comporta alcun conflitto di interessi con la propria situazione privata di socio della società proprietaria dei terreni del compartone.

Diventare proprio ora segretario del PD marignanese assume al contrario una valenza strategica in quanto questa posizione potrebbe consentire di esercitare un’influenza politica di assoluto rilievo sulle modalità di attuazione del compartone.

Non avvertire l’inopportunità di questa situazione è solo un ulteriore sintomo del conflitto inestricabile tra interessi privati ed interessi pubblici al cui interno sono maturate molte delle decisioni in materia di compartone.

Non ci interessa intervenire nelle beghe interne del PD marignanese né fare battaglie che altri in questo partito evidentemente non vogliono fare.

Ci limitiamo solo a suggerire maggiore sobrietà ed un consiglio di lettura: il Codice etico del PD nazionale.

domenica 23 gennaio 2011

RISPOSTA A PALMETTI

Nell’ultimo numero del mensile “La Piazza”, è apparsa un’intervista al neosegretario del PD marignanese Corrado Palmetti, nella quale vengono fatti numerosi riferimenti a MENTELOCALE a proposito della questione “compartone”.

In particolare, Palmetti, dopo un generico elogio del progetto del compartone approvato a luglio 2010 (“il comparto C2-4 è stato migliorato”) e un’altrettanto generica accusa a MENTELOCALE (“L'atteggiamento di Mentelocale è sempre molto distruttivo, su tutto quello che l'amministrazione propone”) afferma: “Il Compartone però è anche un'opportunità per il territorio. Mi viene da pensare però che la crociata contro un gruppo di imprenditori locali nasconda anche altro. Quel comparto è stato votato 15 anni fa. Dov'erano tutti quelli che ora sparano a zero?”.

Queste affermazioni appaiono particolarmente singolari se si tiene presente che Palmetti è stato appena eletto segretario del PD marignanese – e dunque dovrebbe ricercare una qualche forma di dialogo con le varie forze politiche - e che il compartone – purtroppo - è stato già approvato dal Consiglio Comunale nella seduta del 29 luglio 2010.

Perché dunque Palmetti, in una delle sue prime interviste come segretario del PD marignanese, ritiene opportuno attaccare MENTELOCALE proprio sul compartone?

Per provare a dare una prima risposta, ci viene in mente che Palmetti, che afferma di essere sempre rimasto “ai margini della politica”, nel Consiglio Comunale del 7 aprile 2009, nel quale è stato adottato il Compartone, distribuiva fuori dalla sala consiliare volantini a favore della realizzazione del Compartone e all’interno esortava i colleghi imprenditori presenti a manifestare con applausi la propria adesione al progetto.

Insomma, la posizione di Palmetti non è mai stata disinteressata rispetto alla questione del compartone. Tra l’altro, al momento della sua elezione a segretario del PD, sono uscite sulla stampa voci di interessi privati del neosegretario nella questione del compartone. Voci che non ci risultano smentite.

Palmetti, forse, prima di attaccare a testa bassa MENTELOCALE farebbe bene a spiegare quali sono i suoi eventuali interessi economici nel compartone.

È vero o no che Ventil System, la società che Palmetti ha fondato circa 15 anni fa con altre persone ha, o ha avuto (e, in questo caso, sino a quando?), delle partecipazioni azionarie in una delle società proprietarie dei terreni del compartone?

Possiamo poi rassicurare Palmetti. MENTELOCALE ha partecipato alle elezioni come lista civica nel 2009 criticando l’intervento del Compartone sulla base di una trasparente battaglia contro la cementificazione del territorio di San Giovanni, estendendo infatti le sue critiche anche al Piano Strutturale Comunale in corso di adozione.

MENTELOCALE, inoltre, non ha fatto una “crociata” contro “un gruppo di imprenditori locali”, ma ha semplicemente reclamato, fuori e dentro il Consiglio Comunale, maggiore trasparenza, rispetto delle procedure e massima attenzione sul conflitto di interessi privati e pubblici.

Infine, 15 anni fa, quando il P.R.G. è stato approvato, la maggior parte dei membri di MENTELOCALE - per ragioni anagrafiche - era impegnata a fare semplicemente altro: concludere gli studi o muovere i primi passi nel mondo del lavoro. Del resto, prendere coscienza del sistema politico – urbanistico operante a San Giovanni ha richiesto tempo, tenuto anche conto della tradizionale assenza di pubblicità ed informazioni in questo campo cruciale della vita amministrativa.

La nostra battaglia contro il compartone non è motivata da interessi privati. Vorremmo sapere se si possa dire lo stesso del sostegno incondizionato che il neosegretario del PD marignanese dà al compartone.
Il testo integrale dell'intervista può essere letto al seguente indirizzo: http://93.191.240.171/~admin150/piazza/modules/news/article.php?storyid=7059

venerdì 21 gennaio 2011

POVERA PATRIA

La degradante scena che emerge dal “caso Ruby” oltre a provocare indignazione e disgusto stimola delle riflessioni sullo stato del contesto sociale e culturale in cui siamo affondati.

Se il premier italiano si permette uno stile di vita del genere senza vergogna e con la certezza della massima impunità, assistito premurosamente dai suoi gerarchi e lacchè che lo giustificano ad oltranza, oltre ogni evidenza, cosa resta da fare ai cittadini che non vogliono essere dei servi e che assistono attoniti, sconcertati a questo bordello?

Il livello di bassezza raggiunto chiama tutti noi, a partire dall’ambiente in cui quotidianamente operiamo, ad un impegno personale maggiore per fare emergere con più forza il cambiamento di cui l’Italia (davvero oggi più che mai “povera patria”) ha bisogno: un cambiamento reale, a servizio della comunità, fuori dai populismi di destra e di sinistra, rancorosi o dolci che siano.

Il “contagio” in questi anni è stato vasto e ha stravolto mentalità, appartenenze, ideali.

Nel deserto, tra le rovine, sembrano ormai stare in piedi solo due totem: DENARO e SESSO, con la loro ipnotica e pervasiva fascinazione.

Tutti i silenzi, le omertà, le prudenze, i calcoli, le manipolazioni e le omissioni a cui assistiamo in questi giorni non devono impedirci però di prendere lucidamente coscienza della situazione per preparare il cambiamento.

Per fare questo non bisogna aspettare né invocare le parole della Chiesa né la linea del partito.

È sufficiente che ciascuno di noi si riappropri del proprio comune senso critico ed eserciti la facoltà del giudizio, confrontandosi con gli altri, parlandone in famiglia, al lavoro.

Perché dalla rabbia per il modo in cui le istituzioni pubbliche ed i corpi delle donne sono stati trattati in questa bruttissima storia possa sorgere un’azione politica rigenerata a servizio del bene dell’Italia, repubblica democratica.

mercoledì 19 gennaio 2011

BASTA CON LE RUSPE, SALVIAMO L'ITALIA

Proponiamo l'articolo di Carlo Petrini (Slow Food) "Basta ruspe, salviamo l'Italia" apparso su "La Repubblica" del 18 novembre 2011, pagg. 36-37.


Visto che in tv i plastici per raccontare i crimini più efferati sembrano diventati irrinunciabili, vorrei allora proporne uno di sicuro interesse: una riproduzione in scala dell'Italia, un'enorme scena del delitto. Le armi sono il cemento di capannoni, centri commerciali, speculazioni edilizie e molti impianti per produrre energia, rinnovabile e non; i moventi sono la stupidità e l'avidità; gli assassini tutti quelli che hanno responsabilità nel dire di sì; i complici coloro che non dicono di no; le vittime infine gli abitanti del nostro Paese, soprattutto quelli di domani.


I dati certi su cui fare affidamento sono pochi, non sempre concordanti per via dei diversi metodi di misurazione utilizzati, ma tutti ci parlano in maniera univoca di un consumo impressionante del territorio italiano. Stiamo compromettendo per sempre un bene comune, perché anche la proprietà privata del terreno non dà automaticamente diritto di poterlo distruggere e sottrarlo così alle generazioni future. Circa due anni fa su queste pagine riportavamo che l'equivalente della superficie di Lazio e Abruzzo messi insieme, più di 3 milioni di ettari liberi da costruzioni e infrastrutture, era sparita in soli 15 anni, dal 1990 al 2005. Dal 1950 abbiamo perso il 40% della superficie libera, con picchi regionali che ci parlano, secondo i dati del Centro di Ricerca sul Consumo di Suolo, di una Liguria ridotta della metà, di una Lombardia che ha visto ogni giorno, dal 1999 al 2007, costruire un'area equivalente sei volte a Piazza uomo a Milano. E non finisce qui: in Emilia Romagna dal 1976 al 2003 ogni giorno si è consumato suolo per una quantità di dodici volte piazza Maggiore a Bologna; in Friuli Venezia Giulia dal 1980 al 2000 tre Piazze Unità d'Italia a Trieste al giorno. E la maggior parte di questi terreni erano destinati all'agricoltura. Per tornare ai dati complessivi, dal 1990 al 2005 si sono superati i due milioni di ettari di terreni agricoli morti o coperti di cemento.

Come si vede, le cifre disponibili non tengono conto degli ultimi anni, ma è sufficiente viaggiare un po' per l'Italia e prendere atto delle iniziative di questo Governo (il Piano Casa, per esempio) e delle amministrazioni locali per rendersene conto: sembra che non ci sia territorio, Comune, Provincia o Regione che non sia alle prese con una selvaggia e incontrollata occupazione del suolo libero. Purtroppo, nonostante il paesaggio sia un diritto costituzionale (unico caso in Europa) garantito dall'articolo 9, la legislazione in materia è in gran parte affidata a Regioni ed Enti locali, con il risultato che si creano grande confusione, infiniti dibattiti, nonché ampi margini di azione per gli speculatori. Per esempio la recente legge regionale approvata in Toscana che vieta l'installazione d'impianti fotovoltaici a terra sembra valida, ma è già contestata da alcune forze politiche. In Piemonte è stata invece approvata una legge analoga, ma meno efficace, suscitando forti perplessità dal "Movimento Stop al Consumo del Territorio". In realtà, in barba alle linee guida nazionali per gli impianti fotovoltaici - quelli mangia-agricoltura - essi continuano a spuntare come funghi alla stregua dei centri commerciali e delle shopville, di aree residenziali in campagna, di nuovi quartieri periferici, di un abusivismo che ha devastato interi territori del nostro Meridione anche grazie a condoni edilizi scellerati.

Ci sono esempi clamorosi: Il Veneto, che dal 1950 ha fatto crescere la sua superficie urbanizzata del 324% mentre la sua popolazione è cresciuta nello stesso periodo solo per il 32%, non ha imparato nulla dall'alluvione che l'ha colpito a fine novembre. Un paio di settimane dopo, mentre ancora si faceva la conta dei danni, il Consiglio Regionale ha approvato una leggina che consente di ampliare gli edifici su terreni agricoli fino a 800 metri cubi, l'equivalente di tre alloggi di 90 metri quadri.

Guardandoci attorno ci sentiamo assediati: il cemento avanza, la terra fa gola a potentati edilizi, che nonostante siano sempre più oggetto d'importanti inchieste giornalistiche, e in alcuni casi anche giudiziarie, non mollano l'osso e sembrano passare indenni qualsiasi ostacolo, in un'indifferenza che non si sa più se sia colpevole, disinformata o semplicemente frutto di un'impotenza sconsolata. Del resto, costruire fa crescere il Pil, ma a che prezzo. Fa davvero male: l'Italia è piena di ferite violente e i cittadini finiscono con il diventare complici se non s'impegnano nel dire no quotidianamente, nel piccolo, a livello locale. Questa è una battaglia di tutti, nessuno escluso.

Ora si sono aggiunte le multinazionali che producono impianti per energia rinnovabile, insieme a imprenditori che non hanno mai avuto a cuore l'ambiente e, fiutato il profitto, si sono messi dall'oggi al domani a impiantare fotovoltaico su terra fertile, ovunque capita: sono riusciti a trasformare la speranza, il sogno di un'energia pulita anche da noi nell'ennesimo modo di lucrare a danno della Terra. Anche del fotovoltaico su suoli agricoli abbiamo già scritto su queste pagine, prendendo come spunto la delicatissima situazione in Puglia. I pannelli fotovoltaici a terra inaridiscono completamente i suoli in poco tempo, provocano il soil sealing, cioè l'impermeabilizzazione dei terreni, ed è profondamente stupido dedicargli immense distese di terreni coltivabili in nome di lauti incentivi, quando si potrebbero installare su capannoni, aree industriali dismesse o in funzione, cave abbandonate, lungo le autostrade. La Germania, che è veramente avanti anni luce rispetto al resto d'Europa sulle energie rinnovabili, per esempio non concede incentivi a chi mette a terra pannelli fotovoltaici, da sempre. Dell'eolico selvaggio, sovradimensionato, sovente in odore di mafia e sprecone, se siete lettori medi di quotidiani e spettatori fedeli di Report su Rai Tre già saprete: non passa settimana che se ne parli su qualche testata, soprattutto locale, perché qualche comitato di cittadini insorge. È sufficiente spulciare su internet il sito del movimento "Stop al Consumo del Territorio", tra i più attivi, e subito salta agli occhi l'elenco delle comunità locali che si stanno ribellando, in ogni Regione, per i più disparati motivi.

Intendiamoci, questo non è un articolo contro il fotovoltaico o l'eolico: è contro il loro uso scellerato e speculativo. Il solito modo di rovinare le cose, tipicamente italiano. Anche perché l'obiettivo del 20% di energie rinnovabili entro il 2020 si può raggiungere benissimo senza fare danni, e noi siamo per raggiungerlo ed eventualmente superarlo. Questo vuole essere un grido di dolore contro il consumo di territorio e di suolo agricolo in tutte le sue forme, la più grande catastrofe ambientale e culturale cui l'Italia abbia assistito, inerme, negli ultimi decenni. Perché se la terra agricola sparisce il disastro è alimentare, idrogeologico, ambientale, paesaggistico. E' come indebitarsi a vita e indebitare i propri figli e nipoti per comprarsi un televisore più grosso: niente di più stupido.

Il problema poi s'incastra alla perfezione con la crisi generale che sta vivendo l'agricoltura da un po' di anni, visto che tutti i suoi settori sono in sofferenza. Sono recenti i dati dell'Eurostat che danno ulteriore conferma del trend: "I redditi pro-capite degli agricoltori nel 2010 sono diminuiti del 3,3% e sono del 17% circa inferiori a quelli di cinque anni fa". Così è più facile convincere gli agricoltori demotivati a cedere le armi, e i propri terreni, per speculazioni edilizie o legate alle energie rinnovabili. Ricordiamoci che difendendo l'agricoltura non difendiamo un bel (o rude) mondo antico, ma difendiamo il nostro Paese, le nostre possibilità di fare comunità a livello locale, un futuro che possa ancora sperare di contemplare reale benessere e tanta bellezza.

Per questo è giunto il momento di dire basta, perché rendiamoci conto che siamo arrivati a un punto di non ritorno: vorrei proporre, e sperare che venga emanata, una moratoria nazionale contro il consumo di suolo libero. Non un blocco totale dell'edilizia, che può benissimo orientarsi verso edifici vuoti o abbandonati, nella ristrutturazione di edifici lasciati a se stessi o nella demolizione dei fatiscenti per far posto a nuovi. Serve qualcosa di forte, una raccolta di firme, una ferma dichiarazione che arresti per sempre la scomparsa di suoli agricoli nel nostro Paese, le costruzioni brutte e inutili, i centri commerciali che ci sviliscono come uomini e donne, riducendoci a consumatori-automi, soli e abbruttiti.

Una moratoria che poi, se si uscirà dalla tremenda situazione politica attuale, dovrebbero rendere ufficiale congiuntamente il Ministero dell'Agricoltura, quello dell'Ambiente e anche quello dei Beni Culturali, perché il nostro territorio è il primo bene culturale di questa Nazione che sta per compiere 150 anni. Sono sicuro che le tante organizzazioni che lavorano in questa direzione, come la mia Slow Food, o per esempio la già citata rete di Stop al Consumo del Territorio, il Fondo Ambientale Italiano, le associazioni ambientaliste, quelle di categoria degli agricoltori e le miriadi di comitati civici sparsi ovunque saranno tutti d'accordo e disposti a unire le forze. È il momento di fare una campagna comune, di presidiare il territorio in maniera capillare a livello locale, di amplificare l'urlo di milioni d'italiani che sono stufi di vedersi distruggere paesaggi e luoghi del cuore, un'ulteriore forma di vessazione, tra le tante che subiamo, anche su ciò che è gratis e non ha prezzo: la bellezza. Perché guardatevi attorno: c'è in ogni luogo, soprattutto nelle cose piccole che stanno sotto i nostri occhi. È una forma di poesia disponibile ovunque, che non dobbiamo farci togliere, che merita devozione e rispetto, che ci salva l'anima, tutti i giorni.

giovedì 6 gennaio 2011

BILANCIO 2011, NE VOGLIAMO PARLARE?

In occasione della redazione del bilancio dello scorso anno avevamo presentato delle “proposte per un bilancio 2010 sostenibile”.

I punti fondamentali del nostro contributo erano i seguenti:
1) contenere la spesa corrente attraverso la riduzione delle spese non prioritarie;
2) ridurre l’utilizzo degli oneri di urbanizzazione per coprire la spesa corrente;
3) ripensare la qualità della spesa per gli investimenti;
4) potenziare la spesa sociale, tenuto conto del momento di crisi economica ed occupazionale;
5) attivare un percorso di bilancio partecipato;
6) ripensare il servizio di gestione dei rifiuti.

Nel ribadire queste proposte, riteniamo prioritario che nel bilancio 2011 vengano promossi ulteriori provvedimenti a favore delle persone che stanno subendo gli effetti dell’attuale situazione di crisi occupazionale.

A questo proposito, abbiamo depositato una mozione per chiedere l’esenzione dal pagamento della T.A.R.S.U. e delle tariffe dei servizi a domanda individuale per l’anno 2011 da parte dei cittadini che hanno perso il lavoro o che sono in cassa integrazione.

Contenere la spesa corrente è un obiettivo di buona amministrazione da perseguire sempre se si vuole fare una politica sociale seria. Continuare a fare debiti o rinegoziare i mutui non è la strada giusta. Come non è corretto dire che la spesa sociale può essere sostenuta solo attraverso i proventi derivanti dalla costruzione di nuovi edifici. Al contrario, proprio un’urbanistica rispettosa dell’ambiente e che contiene il consumo di suolo può avere delle positive ricadute sociali.

Per quanto riguarda la spesa in conto capitale, abbiamo presentato un’interrogazione nel Consiglio comunale del 30 novembre 2010 per chiedere conto delle previsioni del faraonico elenco delle opere pubbliche 2011. Naturalmente, attendiamo la presentazione del bilancio 2011 da parte dell’amministrazione per capire quanti interventi si potranno davvero realizzare.

Per quanto riguarda il bilancio partecipato, abbiamo invece presentato una mozione nel Consiglio comunale del 30 giugno 2010 per attivare un percorso di bilancio partecipato in occasione della redazione del bilancio di previsione 2011. La proposta è stata approvata, ma il bilancio partecipato ancora non è stato attivato.

Infine, abbiamo riportato nel Consiglio comunale del 30 novembre 2010 la questione della qualità della raccolta differenziata alla luce dei dati poco lusinghieri del 2009 e di quelli problematici del 2010. Se nel 2010 la raccolta differenziata è aumentata in quantità, non si capisce per nulla quali siano state le conseguenze dell’adozione del sistema e-gate sulla qualità del rifiuto differenziato e sulla quantità di quello avviato effettivamente a riciclo. Nell’attesa di chiarire questi particolari non proprio secondari, i cittadini continuano a subire gli aumenti incomprensibili della T.A.R.S.U. e gli effetti sgradevoli della dispersione dei rifiuti fuori dai cassonetti.

lunedì 3 gennaio 2011

INCONTINENZA FOTOGRAFICA

Nell’ultimo numero di “San Giovanni Notizie”, “periodico d’informazione del Comune di San Giovanni in Marignano”, appaiono ben 11 “photo opportunity” in cui compare il sindaco Bianchi.
Già nei numeri precedenti del notiziario, apparsi nel corso del 2010, si era notata una tale predilezione editoriale per le immagini del sindaco.

Ora però la presenza fotografica del sindaco sul periodico comunale si è fatta letteralmente straripante

Si comincia dalla copertina dove accanto al consueto “francobollo” che accompagna l’editoriale del sindaco troviamo un’immagine di Bianchi alla guida di una colorata locomotiva.

A pag. 2 abbiamo l’occasione di ammirare il sindaco ai bordi della piscina del Riviera Golf Resort in mezzo a “25 sindaci sovietici” (sic! lapsus o nostalgia?) e ad amministratori del territorio in occasione di un convegno sul turismo nell’entroterra.

Sempre a pag.2, in basso, lo vediamo con l’interprete dei Borghi più belli d’Italia.

A pag. 3, lo ritroviamo a fondo pagina in un’altra foto di gruppo “tra i sindaci russi e i colleghi riminesi”.

Qualora l’evento non fosse stato a sufficienza illustrato, a pag. 4 lo ritroviamo con tour operator russi in visita all’azienda Iceberg e davanti alla sede della Gilmar.

Ma è a pag.5 che la vocazione internazionale del sindaco Bianchi emerge senz’ombra di dubbio.
Tre foto in sequenza, infatti, lo ritraggono a Saint Tropez con Jean Pierre Tuveri, sindaco di Saint Tropez (in 2 occasioni) e con Claude Maniscalco, “general manager dell’ambasciata del Turismo”.
Il lettore si può rilassare sino a pag.12 dove l’instancabile Bianchi è ritratto mentre stringe la mano ad un cavaliere partecipante al 1° Memorial Alessandro Ferretti al Riviera Golf Resort.

Al termine di questa memorabile sequenza di ritratti sorgono però alcune domande.
Se San Giovanni Notizie è davvero un “periodico di informazione del Comune di San Giovanni in Marignano”, è opportuno, visti anche i tempi che corrono, utilizzare i soldi pubblici per imbastire operazioni di propaganda ispirate ad un anacronistico culto della personalità?
L’informazione su ciò che il sindaco fa deve consistere nel rassicurante racconto della sua partecipazione a manifestazioni pubbliche più o meno rilevanti?
Come fanno i cittadini a controllare se il sindaco sta attuando il programma con il quale si è presentato alle elezioni se le informazioni sulla vita amministrativa non circolano?

Crediamo che per recuperare credibilità ed autorevolezza la politica debba abbandonare la facile strada della sovraesposizione mediatica ed assumere atteggiamenti di maggiore sobrietà.
Naturalmente, ognuno può gestire come crede la propria immagine. Quello che è francamente inaccettabile è l’utilizzo di uno strumento di comunicazione pubblico, come un notiziario comunale, per imporre a tutti i cittadini la propria immagine in contesti autocelebrativi.
Del resto, se si ritiene di condividere con tutti il proprio diario fotografico quotidiano, ci si può sempre creare, a costo zero, un profilo su facebook.