giovedì 24 dicembre 2009

QUALCUNO VIENE

Qualcuno viene sempre.

Il nostro abitare non è diventato ancora, non abbastanza, il movimento essenziale dell’uomo sulla terra. Non ancora dimora. Non ancora accoglienza.

La furia edilizia sprofonda la terra sotto il peso del cemento. Non ha neppure bisogno di giustificarsi. Il pensiero dell’abitare si è ridotto a ratifica: di costruire con urgenza qualsiasi cosa, in qualsiasi modo, in qualsiasi luogo.

Si costruisce per costruire senza curarsi dell’abitare, se non come sfondo vago, come pretesto. Il credito concesso al costruire nel linguaggio comune, nelle retoriche ricorrenti, si spiega solo con quella fiducia sotterranea nell’abitare che non gli appartiene: ne va dell’essere stesso dell’uomo su questa terra.

Confondere il costruire con l’abitare non è mai innocente. Ma non ha più nessun credito. Non vi si può più dare credito.

L’esperienza non teme smentite: l’accumulo delle case, la lava inarrestabile delle città che si propaga in ogni direzione, verso il cielo e verso gli inferi, non significa il dilatarsi dell’abitare. Il costruito si può approvare e contestare, ma è impossibile farlo nell’equivoco: costruire per costruire non sarà mai la premessa dell’abitare.

È l’abitare che rende giusto il costruire.

Il problema della casa non matura nell’assenza di case. Cresce piuttosto nell’abbondanza brutta e ostentata della metropoli globale: presidiata dall’esercito immobiliare che garantisce le politiche della casa. Punizione, può darsi, alle guerre tra poveri, all’arrembaggio fuorilegge alle case. La casa è senza legge.

tratto da: Franco Riva, Qualcuno viene, edizioni Macondo Libri 2009, pagg. 6-7.

Buon Natale da MENTELOCALE.

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