venerdì 21 gennaio 2011

POVERA PATRIA

La degradante scena che emerge dal “caso Ruby” oltre a provocare indignazione e disgusto stimola delle riflessioni sullo stato del contesto sociale e culturale in cui siamo affondati.

Se il premier italiano si permette uno stile di vita del genere senza vergogna e con la certezza della massima impunità, assistito premurosamente dai suoi gerarchi e lacchè che lo giustificano ad oltranza, oltre ogni evidenza, cosa resta da fare ai cittadini che non vogliono essere dei servi e che assistono attoniti, sconcertati a questo bordello?

Il livello di bassezza raggiunto chiama tutti noi, a partire dall’ambiente in cui quotidianamente operiamo, ad un impegno personale maggiore per fare emergere con più forza il cambiamento di cui l’Italia (davvero oggi più che mai “povera patria”) ha bisogno: un cambiamento reale, a servizio della comunità, fuori dai populismi di destra e di sinistra, rancorosi o dolci che siano.

Il “contagio” in questi anni è stato vasto e ha stravolto mentalità, appartenenze, ideali.

Nel deserto, tra le rovine, sembrano ormai stare in piedi solo due totem: DENARO e SESSO, con la loro ipnotica e pervasiva fascinazione.

Tutti i silenzi, le omertà, le prudenze, i calcoli, le manipolazioni e le omissioni a cui assistiamo in questi giorni non devono impedirci però di prendere lucidamente coscienza della situazione per preparare il cambiamento.

Per fare questo non bisogna aspettare né invocare le parole della Chiesa né la linea del partito.

È sufficiente che ciascuno di noi si riappropri del proprio comune senso critico ed eserciti la facoltà del giudizio, confrontandosi con gli altri, parlandone in famiglia, al lavoro.

Perché dalla rabbia per il modo in cui le istituzioni pubbliche ed i corpi delle donne sono stati trattati in questa bruttissima storia possa sorgere un’azione politica rigenerata a servizio del bene dell’Italia, repubblica democratica.

3 commenti:

Unknown ha detto...

Mi sono trasferito a Milano da poco, e non avere la televisione in casa non mi dispiace affatto. Buttarla via è un ottimo modo per riaccendere il cervello e tornare a vivere i fatti in modo attivo e non più passivo. Può essere per molti un primo passo verso una presa di coscienza di cui si parla nel blog.

Anonimo ha detto...

vi segnalo il film "in nome del popolo italiano" di dino risi, con ugo tognazi e vittorio gassman, 1971 ... qualunquemente ...

elenart ha detto...

Vi prego di guardare questo link per capire come la scena italiana viene ritratta dal New York Times. E per noi poveri immigrati non c'è maniera di difendere la nostra patria. C'è solo una gran vergogna. Noi che siamo apprezzati qui perché abbiamo una preparazione culturale più approfondita,perché ci si aspetta un esempio di intelligenza acuta e di classe, e perché siamo soliti criticare la superficialità americana. E invece noi, quella superficialità non facciamo altro che imitarla, d'altra parte la Soap Opera l'hanno inventata loro.

http://www.nytimes.com/2011/01/23/weekinreview/23donadio.html?_r=1&scp=4&sq=berlusconi&st=cse