L'Emilia-Romagna spreca troppo qui più rifiuti del resto d'Italia
La provincia di Bologna è la più virtuosa sulle
quantità prodotte ma alla città spetta la maglia nera sulla differenziata, ferma
al 42,3%. L'obiettivo è raggiungere il 70% entro il 2020. Ed è ancora scontro
sugli inceneritori (di Enrico Miele)
Si riaccende lo scontro in Emilia Romagna sul
progetto di dismissione degli inceneritori. Nei giorni scorsi, infatti, il
consiglio regionale ha dato il via libera alla prima bozza del nuovo Piano di
gestione dei rifiuti. Il progetto punta ad avvicinare le città emiliane agli
standard europei su raccolta e smaltimento, fissando obiettivi ambizioni: entro
il 2020 la produzione di rifiuti urbani dovrà calare del 25%, portando la
differenziata all’ambizioso traguardo del 70% (la città di Bologna, per fare un
esempio, ancora non arriva al 40%). Un maxiprogetto “discarica zero” per
sostituire, come chiede l’Europa, i singoli piani provinciali, migliorando
quantità (e qualità) della raccolta differenziata.
Una strada per ora in
salita. Secondo uno studio elaborato da viale Aldo Moro, l’Emilia Romagna esce
con le ossa rotte dal confronto con gli altri Paesi europei: da queste parti
ogni anno si producono più rifiuti urbani (673 kg per abitante) sia rispetto
all’Europa (500 kg) che al resto d’Italia (550 kg). E se la provincia di Bologna
appare da questo punto di vista come la più virtuosa (con 562 kg) rispetto, ad
esempio, a Rimini (801 kg) o Reggio Emilia (759 kg), al capoluogo va la maglia
nera sulla differenziata (42,3%). I dati però risalgono al 2011. Da allora, grazie al porta a porta in
centro storico e l’avvio di progetti all’avanguardia (come l’addio completo ai
cassonetti a Casalecchio) la situazione è migliorata. Ma non basta: Bruxelles
chiede di accelerare. Sui traguardi da raggiungere enti locali e aziende del
settore sono in sintonia con viale Aldo Moro. Le distanze maggiori però
riguardano il futuro degli impianti di smaltimento, dalle discariche ai
termovalorizzatori. Un tema – quello del progressivo addio agli inceneritori –
su cui l’assessore regionale all’Ambiente, Sabrina Freda, si è spesa in prima
persona, anche al prezzo di duri scontri all’interno della giunta di Vasco
Errani (che alla fine ha dato il via libera all’unanimità alla bozza). Nel
testo, infatti, si spiega che dal 2014 gli impianti dovranno avere un ruolo
sempre più residuale, favorendo la filiera del riciclo. L’Emilia Romagna al
momento conta otto termovalorizzatori (compreso quello di Parma, entrato in
funzione nei giorni scorsi tra mille polemiche). Ma l’addio agli inceneritori è
visto come il fumo negli occhi dalle multiutility, che hanno investito centinaia
di milioni per costruirli e in alcuni casi, come il “Frullo” a Granarolo, per
renderli più efficienti.
Confservizi, l’organizzazione delle aziende di
servizi pubblici locali, è sul piede di guerra e chiederà un incontro urgente al
governatore Errani. "Da un punto di vista generale condividiamo gli obiettivi
dell’Europa – spiega il presidente Graziano Cremonini – ma vogliamo approfondire
le reali esigenze di smaltimento da qui al 2020". Cioè quali (e quanti)
inceneritori di Iren e Hera dovranno restare in attività. Su questo Cremonini è
chiaro: "Non è accettabile pensare che entro sei anni si saranno realizzate le
condizioni per superare discariche e termovalorizzatori, così rischiamo di
tornare indietro".
La bozza del piano regionale in realtà non fissa
alcuna tempistica. Al momento quello approvato dall’aula è un documento
preliminare. Tra i critici anche Andrea Defranceschi del Movimento 5 Stelle che
definisce il piano sui rifiuti "una generica dichiarazione d’intenti". Il dubbio
è come faranno Province e Comuni "ad adottarlo senza sapere quali impianti
chiudere e cosa fare delle vecchie discariche. Non c’è alcuna programmazione".
Nell’attesa, partirà il confronto con associazioni ambientaliste ed enti locali.
Tra due mesi il piano tornerà nelle commissioni per il via libera definitivo dal
consiglio regionale entro dicembre. A gennaio, quindi, si parte. In che modo si
vedrà.
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